Nel primo anno di vita il bambino dice due o tre parole, oltre a mamma e papà, ma nel secondo anno inizia un meraviglioso fenomeno che è lo sviluppo del linguaggio. In un momento in cui il piccolo vede la madre allontanarsi e iniziare a separarsi da lui, quando l’originaria comunione fisica diviene meno intensa, impara a sviluppare una comunicazione fatta di espressioni del volto, di gesti e di suoni e impara a servirsi delle parole per comunicare con la madre a un livello più maturo, sempre più completo.
Si inizia con tatà e papà. Un livello che lo fa essere più simile ai suoi genitori e che lo rallegra anche per questa sua acquistata capacità. In un primo momento il bambino si diverte a emettere suoni: la madre glieli ripete e lo aiuta a definirli più chiaramente. I primi suoni sono spesso “tatà” e “papà”, mentre “mamma” può venire un po’ dopo. Gradualmente il bimbo impara a usare parole che non sono una semplice ripetizione di suoni uditi, ma hanno una funzione attiva. Egli impara a chiedere qualche cosa, a manifestare i suoi desideri mediante vocaboli anziché con segnali e gesti. C’è un’enorme varietà riguardo al momento in cui comincia ad articolare le prime parole; alcuni possono accumulare molto presto un ricco vocabolario, altri possono rifiutarsi di rinunciare al primitivo modo di comunicazione infantile, pur interessandosi all’ambiente circostante. Improvvisamente poi decidono che in fin dei conti val la pena di crescere e in brevissimo tempo imparano a parlare. Se un bambino parla meno bene della media dei suoi coetanei, ma si mantiene in costante comunicazione con la madre mediante altri mezzi, non c’è motivo di preoccuparsi di questa lentezza.
Va stimolato a esprimersi. E’ importante non costringere il bambino ad adoperare il linguaggio, anche se è utile continuare a stimolarlo nell’esprimersi sempre meglio. La madre, nel parlare al bambino, deve adoperare ripetutamente una determinata parola o espressione, pronunciandola con semplicità e chiarezza, ma deve ricorrere anche a frasi intere, altrimenti il piccolo si fa un’idea assai generica delle parole. Egli ha bisogno di udire la ricchezza dei vari toni e delle varie cadenze nella voce della madre e degli altri familiari che lo circondano.
Tra uno e due anni, in genere, il bambino ha un vocabolario di 10-20 parole, ma già a tre anni il vocabolario aumenta a 300-4oo parole per arrivare a quasi mille dopo il terzo anno.